lunedì 13 febbraio 2012

Penitansia.


Insegnami a tollerarmi. Insegnami a fare a meno di me. Insegnami a capire le cose difficili che richiedono tutta l'attenzione della mente. Insegnami a non rispondere alle urla della necessità. Insegnami a non sprecare, scrivendole inutilmente, neanche un minuto delle cose che si possono vivere. Insegnami a non fare del male con l'ingenuità vera di chi non capisce la potenza delle parole. Insegnami a non avere paura delle paure degli altri. Insegnami a non ripetere quel che adoro sentirmi dire. Insegnami a non metterci tutta la forza che ho. Insegnami a calcolare il resto che mi spetta dopo che ho pagato il mio debito. Insegnami a non consumare le dita sopra le lettere, con le dita soltano potrò ancora tentare la fuga, scavando. Insegnami a non guardare in basso a destra, dove i minuti scorrono e non sono mai abbastanza. Insegnami ad essere cattivo fino in fondo. Persino con te. Insegnami a sottrarmi alle lezioni. Insegnami a non sembrare un fottutissimo calcolatore elettronico, afflitto da un problema di corto sentimentale. Insegnami a non scatenare la mia ira contro le cose inanimate. Insegnami a bramare il profumo dei libri che non apro più da un pezzo. Insegnami a mettere ordine dentro a quel che vorrei fare, per far vita del disordine. Insegnami a non lagnarmi come l'ultimo dei bimbi che, uscendo da scuola, non trova nessuno dall'altra parte della strada. Insegnami a smettere di far finta che le cose possano bastare così come sono. Insegnami a non aggiungere contorni personali alla bellezza oggettiva che incontro per strada. Insegnami ad ignorare il palmo delle mani che può riempire lo spazio del mio. Insegnami a non ritrovare il controllo delle azioni. Insegnami a ridere delle conseguenze peggiori. Insegnami a usare i muscoli del volto, che di mordere il vuoto sono stanco. Insegnami a fare la scelta peggiore, quella che sa dare sollievo immediato e consumare per il resto del tempo. Insegnami a ficcarmi in corpo tutte le cose sbagliate che non hanno saputo evitare la tua spalla lungo il cammino. E ancora, insegnami a trovare la posizione migliore per interrompere l'intenso sguardo che hai saputo dare a chi non ha mai avuto la mia forma. Insegnami a mordere le labbra, con la stessa potenza che avrebbero se nessuno ci mettesse sopra una mano, per dire che si, si può pure star zitti. Per una volta. Insegnami a capire come si possono mettere di nuovo in ordine le sensazioni e sedare le ansie inutili che hanno preso a vivere la vita al posto mio. Insegnami a dismettere l'uso della parola io. Insegnami a prendermi a schiaffi solo per dimostrare facilmente quanto sapore possa avere al palato l'essere umani. Insegnami a mangiare, di nuovo, un boccone per volta, tutto quello che una volta mi pare di avere assaggiato. Insegnami a vincere il peso delle distanze. Le ruote che non sanno correre abbastanza. L'odore che non vuol saperne di tenermi stretta la gola. Le schermaglie. I silenzi sempre uguali delle prime moine. L'enfasi. L'apatia. Le orbite bianche dell'immaginazione violenta. Tutto quel che non è mai stato. Insegnamelo. In fretta. Io impazzirò. E sarà colpa mia.



domenica 5 febbraio 2012

L'appuntamentre.


Ad averci la forza di rileggerle, queste parole sapranno presto liberarsi del peso egoista che la neve sa piantare dentro alle cose. A saperle interpretare, queste parole potranno superare le ristrettezze di una sola spiegazione. A sapersi giocare bene tutte le carte, potrebbe darsi che le maniche finiscano prima o poi senza l'ombra di un asso. E allora andiamo con il ricordo del futuro a quell'appuntamento che non abbiamo mai saputo darci. Ricordi che ti dissi di non portare con te niente che potesse farmi del male? E tu invece porterai gli occhi e tutto il resto delle cose che si sono accumulate col tempo sopra al viso, creando quell'irrespirabile insieme che toglie il sonno. Ricordi che ti chiesi di essere puntuale? E so già che aspetterò con le gambe ficcate nella pioggia e il sorriso ebete di chi s'immagina come sarà vederti sorridere. Ricordi che implorai affinché potessimo farlo il più presto possibile? Cambierai discorso e, tenendo la mano sul microfono dell'apparecchio, riderai con un'amica qualsiasi del giovanotto che passa sotto alla finestra. Ricordi che per un attimo provammo a tenerci la mano? E il petto non sarà grande abbastanza per superare il contatto tra le dita e i sobbalzi del cuore. Ricordi che scrivemmo tutte le parole di cui non avremmo mai abusato? In cima alla lista metteremo i nostri nomi. Ricordi, infine, che anche la nostra gioia sconosciuta ci fece lagnare delle sofferenze dei più deboli e del mondo che, intorno, andava a rotoli? Impareremo, fingendo di non aver capito il numero civico, che pure del desiderio di possedersi è fatta l'unica serenità che davvero ci si può procurare. E quante cose non abbiamo avuto il tempo di fare, tu nemmeno riuscirai a immaginare. Quante soluzioni che hanno risolto l'ansia del volersi prendere a schiaffi noi non sapremo trovare. E nessuna condizione atmosferica avversa ha saputo mettersi di mezzo, ed appoggiare l'uno le mani sulla faccia dell'altra, sarà l'ultima cosa che faremo, la più bella. Tra l'appuntamento che non ti ho mai chiesto e la mancanza che sentirò, passa comodamente un inverno.