mercoledì 25 settembre 2013

Come un ricordo è quel che ancora deve accadere.


Come un ricordo è quel che ancora deve accadere. E sembra già avere il gusto assoluto di quel che hai tenuto in bocca a lungo, centellinandone a ogni istante il sapore lento, meraviglioso, morbido, enorme e al contempo minuscolo. Proprio come quello di un bacio che non sapevi avresti dato. Proprio come quello di un odore che non osavi immaginare avresti sentito. Ricordato. Desiderato. Cercato. Come un ricordo è quel che ancora deve accadere. Eppure niente che sia davvero importante sembra essere accaduto già. Quella cosa sciocca del chiederti se posso lavarti i capelli — ricordi? — un bisogno delicato che non so bene se sai cosa voglia significare. Sono capace — e questo davvero non puoi saperlo — di ripetere certi movimenti un numero infinito di volte, e così voglio fare tra la schiuma e la tua pelle, con una lentezza simile all'infinito, aspettando che i tuoi occhi, finalmente privi di allerta, si chiudano mentre compio quello che ho sempre pensato come uno dei più delicati gesti d'amore. E già che la parola amore è così rozza e orribile, tutta sporca del sangue la cui intensità dentro al cuore dipende da essa stessa, senza tregua, senza compromessi, allora la bandiremo. La bandiremo come un ricordo che deve ancora accadere. E siccome non dimentico facilmente le cose belle, mi ricordo anche la tua risposta sottovoce, il tuo permesso di poterti mettere le mani sul capo, a patto che una volta asciugati i capelli, fossi io stesso a... Come un ricordo è quel che ancora deve accadere. Come il passato è quel che non sappiamo evitare che accada, sempre presente, sempre attento, sempre sveglio, sempre sorridente di quel ghigno a cui si può essere indifferenti, basta averne voglia in due. Voglio domandare, chiedere, guardare. Voglio annusare, sfiorare, respirare. Voglio parlare, ascoltare, sorridere. Voglio la tua mano nella mia almeno una volta al giorno, un giorno lungo tutti quelli che riesco a tenere stretti tra me e te. Voglio fare qualcosa che mi hai chiesto di fare, chiederti di fare qualcosa per me. Cose stupide come aprire un barattolo o andare a comprarlo al supermercato, o pregarti di correggere una cosa che ho scritto, oppure scriverne una insieme. Come un ricordo è quel che ancora deve accadere. Non uno qualsiasi, ma raramente bello, di quelli che non fanno paura, ché la paura brucia ma non riscalda, sazia ma non nutre, bagna ma non disseta. Il pomeriggio è lungo come ne contenesse altri cento, ma lo supererò sorridendo come i giorni non sono abituati a vedermi fare praticamente da mai. Senza domande, senza se, senza obbiettivi, senza scopi, senza ma, senza forse, senza e se poi, senza ma non so, senza vedremo, senza devo pensarci, senza forse non è il caso, senza sarebbe meglio che, senza orpelli, senza pesi, senza niente che non sia quello che inspiegabilmente vuoi, vogliamo scegliere. Ferma le mie mani. Non le fermare.


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