domenica 13 marzo 2011

A punti.


Se volessi scrivere, dovrei mettermi comodo e chiudere gli occhi un attimo, tirare forte il respiro. Se volessi davvero buttare giù due righe, dovrei roteare la testa sul collo, aspettando che i muscoli dimentichino l'inutile giornata d'attesa. L'attesa, quella inutile, è spesso l'esercizio fisico più logorante. Dovrei sciogliere in acqua bollente qualcosa di profumato e rilassante, da sorseggiare mentre sistemo gli occhiali sul naso. Dovrei avere sulla scrivania almeno una matita, da portare ogni tanto alla bocca. Dovrei riporre in qualcosa almeno un po' di fiducia, se volessi colorare un foglio di carta senza sporcarlo soltanto. Dovrei procurarmi una luce vicina, potente eppure timida, calda eppure disinteressata. Se volessi attingere ai ricordi per farne racconto, dovrei averne di adeguati, conservati con cura, riposti nell'ordine giusto, catalogati, inamidati e pronti per l'occasione. Dovrei avere la forza ed insieme la libertà di non rispondere alla prepotente voce del sonno che chiama, sussurra, sibila, promette, afferra, accarezza, seduce. Se volessi pigiare i polpastrelli sopra le lettere bianche, ricordando con tristezza che per qualcuno è stato un mestiere, dovrei articolare un pensiero di grande respiro, ricco di particolari e promesse. Dovrei incontrare un personaggio e dargli vita e passato ma anche sostanza e futuro, parole ed espressioni. Dovrei creare strada per i suoi passi e tramonti per le sue ombre, baci per le sue labbra e giovani donne per i suoi amori. Dovrei dargli stile e coraggio, capelli al vento ed un piglio assai risoluto. Se volessi arrivare al lavoro, domani, senza la forza per reggermi in piedi e farmi guardare di sghembo da chi mi passa la paga, dovrei raggiungere l'alba con gli occhi iniettati di sangue e la mente trapassata da troppi pensieri. Se volessi scrivere dovrei farlo ora, ma non ho niente da raccontare.