sabato 13 dicembre 2014

Nero su bianco


Fanno male. Tutte le cose a cui devi rinunciare senza la certezza di volerlo, fanno malissimo. Fanno male le bugie, le verità senza le quali avresti vissuto comunque benissimo, le omissioni che perpetri perché ti sembra un modo accettabile di mentire, le certezze perché non è vero che aiutano a vivere meglio, i dubbi che mandano sempre tutto all'aria. Fanno male soprattutto i dubbi che servono a evitare di decidere, ma con garbo. Fanno male le cose che dici o scrivi senza prima capire da dove vengono, dove vogliono andare, a cosa servono e se, melodia a parte, significano davvero qualcosa. Fanno male gli schiaffi che ti hanno risparmiato per via degli occhiali, i calci in culo che nessuno ti ha dato perché hai sempre fatto in modo di non essere coinvolto direttamente in uno scontro. Dolgono le mani che non hanno trovato un posto sicuro dove fare quello per cui sono state create. Fanno male tutte le preghiere che ti hanno detto avresti dovuto dedicare a qualcuno che nemmeno si è mai presentato, le paure che sono state il pane quotidiano, le ansie di chi non aveva altro da insegnarti e ti ha fatto imparare a memoria solo quelle, i timori reverenziali, i sorrisi di cortesia, i tratti di strada percorsi in silenzio con qualcuno che non hai più rivisto, le parole che non dovevi dire e invece hai detto, quelle che dovevi scrivere e non hai scritto, le regole del cazzo che valgono solo se a non rispettarle sei tu. Fanno male le canzoni che hai ascoltato quand'eri felice e non lo sapevi, quelle che non hai sentito ancora e, di più, quelle che non sentirai mai. Fanno male tutte le notti in cui il sonno tarda a venire, quelle in cui hai viaggiato senza arrivare da nessuna parte, quelle bellissime che hai trascorso dove saresti voluto rimanere per sempre, le notti in cui hai messo tutta la forza che avevi perché fossero le prime di una serie lunghissima chiamata futuro. Fanno male le corse senza sapere che ne vale la pena, i caselli dell'autostrada che restano fermi insieme ai ricordi di quando li hai superati. I ricordi fanno malissimo, e ancora di più quelli che non volevi in nessun modo diventassero tali. Fanno male le scadenze, sempre incalzanti, sempre uguali a se stesse. Fanno male le voci sconosciute al telefono, mentre urlano perché qualcosa di cui non può fregarti di meno è andato storto tuo malgrado, le decisioni a cui devi rimetterti senza fiatare, le soddisfazioni grame del vedere che poi va tutto a puttane solo perché non si è fatto come dicevi tu. Fanno male le vigilie di Natale, quelle del ritorno al lavoro, le ricerche di lavoro quando ne hai già uno e, di più, quelle di quando non ce lo hai avuto mai. Fanno male i regali che avevi progettato di fare, quelli che ti hanno fatto, quelli che hai fatto e non potrai rivedere, le gioie negate, quelle dimenticate, quelle impossibili, quelle che sembrano sempre a portata di mano e poi non arrivano mai. Fanno male tutti i singoli luoghi in cui sei stato qualcosa di più umano di quel che diventi ogni volta che resti da solo, le strade che pensavi di rivedere, quelle che farai di tutto per imparare a memoria, quelle che vuoi dimenticare. Fa male la suola delle scarpe consumata nel posto sbagliato. Fanno male le asperità del terreno, i buchi nei vestiti, i piedi scalzi, gli odori familiari, quelli che senti per la prima volta e ti piacciono, quelli che non dimentichi nemmeno quando dormi, gli stessi che eri convinto ti avrebbero guidato per sempre, persino al buio. Fanno male le possibilità, quelle che raccogli, quelle che sprechi, quelle che ti sembrano troppo per te, quelle che non ti sono destinate, quelle che anche se ce la metti tutta restano solo possibilità, niente di più. Fanno male le cose che accadono quando non sei pronto, quelle che non accadono quando non riesci più ad aspettarle, le consapevolezze, i drammi, i film troppo seri, quelli troppo leggeri, i libri che non dovevi leggere a quindici anni, quelli che dovresti leggere adesso e invece proteggono la scrivania dalla polvere. Fa male la codardìa, la comodità di non dover scegliere mai, l'idiozia dello scrivere queste cose senza volerne scrivere altre migliori. Fanno male le persone quando non ci sono, quando non c'erano, quando poi arrivano e smettono troppo presto di esserci. Ancora di più fanno male le ampie vedute, gli errori che qualcuno vuol farti credere siano normali solo per giustificare i propri. Fanno male le incomprensioni, le toppe sopra gli strappi invece che le cuciture accurate, le belle intenzioni, le conseguenze, tutte le conseguenze fanno male e soltanto per evitarle sarebbe meglio smettere di muoversi, parlare, agire, pensare, nutrirsi, vivere, se necessario. Fanno male le cose che non capisci, quelle che qualcuno vuol spacciarti per complicate e sono invece soltanto prepotentemente stupide. Fanno male i capricci, le ripicche, le piccole vendette mute, le colpe quando sono punite con severità eccessiva. Tutto quello che metti nero su bianco ti sfianca, ti vince, ti riduce a brandelli. Ma più doloroso di tutto è non riuscire mai a porre rimedio.

venerdì 28 novembre 2014

Un poco per volta


Ciascuno assume ogni giorno una quantità apparentemente innocua d'amore, sperando che ogni fibra del proprio corpo riesca a trovare il modo di combatterne gli effetti nefasti. È una scienza priva di fondamento, quella che l'uomo, stordito dalle necessità, cerca di opporre a se stesso. Non c'è in effetti soluzione al dolore delle conseguenze, al peso delle aspettative deluse. Una sola cosa può dare sollievo: non affidare alla paura di quel che può succedere domani, il compito di decidere quello che possiamo concederci oggi.

Che male c'è?


Che male c'è, mi chiedo, a desiderare di possedere qualcuno? Che male c'è a volere che sia tuo e di nessun altro? Dov'è il problema se, insieme a una certa quantità di liquidi, ci si scambia anche la promessa di fare come le molecole che per dividerle non basta un cambiamento di umore? Perché ci si dovrebbe vergognare di provare rabbia per un passato in cui si era sconosciuti e invece si sarebbe potuti già essere amanti? Che male c'è a non desiderare nessun altro? A non voler muovere un altro passo senza la certezza che quelli di qualcuno si muovano all'unisono? Chi l'ha detto che l'esclusività è un limite? Dove sta scritto che davvero dev'essere così fottutamente difficile esser sereni e, il più a lungo possibile, felici? In quale paese del cazzo è davvero legge non doversi chetare una buona volta? In quale dannata regione del mondo è vietato mettere la testa sul petto di qualcuno per lasciarcela tutta la notte, tutte le notti?

sabato 22 novembre 2014

Una cosa che ti manca


Come si chiama una cosa che ti manca? Una cosa che non sai dov'è, con chi? Come si chiama una cosa che vuoi più di qualsiasi altra e non sai nemmeno perché? Come si chiama una cosa il cui nome vorresti continuare a pronunciare per sempre ma che per sempre sarai costretto a dimenticare? Alle domande difficili non risponde mai nessuno, alle rinunce son sempre buoni tutti. Tranne me.

giovedì 20 novembre 2014

Sbagliando si bara


Lui le prese la mano, la tenne tra le sue come se non l'avesse fatto mai. Non strinse, non impedì a quelle piccole dita nervose di muoversi, di sentirsi libere di fuggire in qualsiasi momento. Così rimasero un poco, finché ciascuno dei solchi sopra le dita non divenne familiare al tatto dell'altro. Ci sono posti che hai visto cento volte e persone che hai rischiato di perdere persino più spesso. Così funziona la vita degli esseri umani, prosegue senza che gli errori possano insegnare qualcosa. Continua anche senza che sia necessario capirne il perché.


mercoledì 19 novembre 2014

Il respiro pesante


Il dubbio, la necessità, le distanze, il caso, le mancanze, gli errori, le fughe, i viaggi, la paura, le notti, il respiro pesante, gli occhi spalancati, i soffitti silenziosi, le braccia conserte, l'equilibrio, le parole difficili, le scemenze da finti maturi, le chiacchiere inutili al bar, l'estate e i superalcolici, gli zuccheri in eccesso, i capelli che non ci hai messo dentro abbastanza le mani, le mani che non hanno mai stretto davvero le tue. Il bisogno crudo di essere indispensabili, quello cattivo di avvicinarsi a un solo centimetro dalla bocca di qualcuno e sentirne vibrare il corpo fino alla resa. La felicità, che nemmeno so bene che cazzo significa.

martedì 18 novembre 2014

Linea continua


Tornare, andare, correre, avvicinarsi, provare, fallire e non per questo arrendersi, distrarsi senza sbagliare strada e sbagliare strada così, tanto per distrarsi. Alcune persone rivestono nella nostra vita lo stesso ruolo della linea continua lungo la strada, apparentemente proteggendoci dal pericolo, non ci permettono di correre liberamente incontro al destino.

domenica 16 novembre 2014

La pazienza


I luoghi lo sanno benissimo dove vorresti essere. Se ne accorge la sabbia quando la calpesti senza gioia, il vento quando lo affronti senza un'espressione di sfida, il cielo mentre cammini a testa bassa e lui resta inutilmente sospeso, in un sforzo terribile che dura da sempre. Ci sono cose che non puoi spiegare. Ce ne sono altre che per spiegarle servirebbe quel tempo che non arriva, non basta, passa troppo presto. Allora lui le chiese: "Sai qual è la cosa peggiore dello stare lontano da qualcuno?". No, rispose lei. E lui: "Non poter stare immobili, in silenzio, senza dubitare che l'altro ci sia, senza bisogno di scrivere o dire niente eppure essere al settimo cielo lo stesso. Ecco qual è".

domenica 19 ottobre 2014

Le cose che non ho fatto e che forse non farò mai.



Confessarmi dopo la prima comunione, andare dal sacerdote e nel silenzio della chiesa deserta al venerdì pomeriggio dirgli sottovoce di tutte le volte che ho odiato, di quelle in cui ho mentito, di quando ho riso per il dolore di qualcuno, della vendetta che ho desiderato più della donna d'altri, del rancore che covo qui dentro da troppo, della violenza che ha allietato certi miei sogni a occhi aperti, del bisogno di rivalsa che ho provato per chi mi ha sopraffatto, di quella volta che ho rubato un pezzo di cioccolato, da bambino, e poi non ho dormito per tutta la notte. Partire senza deciderlo, prendere i documenti, una borsa con dentro il cambio di una notte e andare in macchina al più vicino aeroporto, lasciarla in sosta fino al ritorno, avvicinarmi al banco informazioni e chiedere qual è il primo volo, e per dove. Guidare un'auto di grossa cilindrata attraversando l'Italia da parte a parte. Possedere una moto. Prendere un cane. Dar da mangiare ai gatti randagi. Uscire nel cuore della notte e andare a bere da solo, come nei film. Riflettere prima di chiedere scusa e non farlo se non è davvero necessario. Far sesso con qualcuno che non ho amato profondamente. Scordare le persone con cui sono stato felice, rivedere con piacere quelle a cui ho volontariamente rinunciato senza per questo sentirne ancora una mancanza che nessuno sano di mente potrebbe giustificare. Dormire finché non è pomeriggio. Pregare senza sentirmi ridicolo. Aprire un libro e trovarci dentro il mio nome, stampato. Stampato grande all'inizio e anche sopra la copertina. Andare al cinema una volta a settimana per tutto l'inverno. Prendere da bere dopo il lavoro fino a star male e tornare a casa in Metro e stupirmi l'indomani di essere entrato nell'appartamento giusto. Possedere un divano, una casa, delle sedie comode che non abbiano il fondo di legno, un garage con l'apertura automatica telecomandata che quando fuori è freddo non devo scendere dall'auto. Tornare a casa dopo essere stato lontano per mesi. Camminare scalzo sopra il parquet. Svegliarmi e per una volta non desiderare di essere altrove. Ricordarmi di quando ero ragazzo e non pentirmi per tutto quello che non ho fatto. Aspettare Natale e salendo a salutare mio padre, mettergli in mano le chiavi di una piccola berlina bianca e dirgli che il suo regalo è parcheggiato di sotto, che non deve più preoccuparsi di niente. Ordinare una pizza a domicilio e lasciare al ragazzo cinque dollari di mancia. Già, ordinare una pizza a domicilio a New York. Tornare a Tokyo e visitare finalmente il mercato del pesce alle quatto del mattino. Dire ti amo senza dovermi pentire. Fare l'amore almeno una volta al giorno. Attraversare la strada senza guardare prima a destra e poi a sinistra. Mangiare solo quando ho fame. Desiderare ogni volta che posso. Scegliere senza rimandare. Rimandare senza sentirmi in colpa. Essere quello che sono e non doverlo spiegare.

sabato 11 ottobre 2014

Virgola e a capo


Tutte le cose che non hai fatto restano appena sotto il pelo dell'acqua. Non affondano mai, tutte le cose che non hai detto. Tutte le parole che avresti voluto ma non hai usato, non pesano niente e per ritrovarle non serve trattenere il respiro, semplicemente basta camminare a riva, tendere una mano verso la sabbia, subito sotto l'acqua salata, e ritrovarle tutte, le cose che non hai fatto, detto, scritto. E non è vero che c'è sempre tempo. Non è vero che tanto poi dopo puoi rimediare a tutto. Non è vero che oggi o domani non cambia niente. Non è vero che i treni passano una volta soltanto, ma nemmeno che il biglietto stretto nella tasca dei pantaloni dura per sempre. Li preferivo, i viaggi, quando dentro a quel pezzo di carta dovevi farci un buco, un foro per dire a te stesso, guardandolo, che era quello il momento di salire e che dopo, tutto intorno a quel buco, nulla si sarebbe più mosso nella direzione per cui avevi pagato. Tutte le cose che avresti voluto restano ferme per strada, tormentate dal vento, dai cani randagi durante la notte, dalla pioggia ad agosto e dal sole a dicembre, dagli sguardi indiscreti nascosti dietro alle tende dopo l'ora di cena, con la luce spenta che vedi fuori ma da fuori non ti si vede. Ritornare a pagina cinquanta del libro più bello che hai letto e recitarlo ad alta voce, mettere in moto alle due del mattino e andare ad aspettare che le braccia più belle che ti abbiano mai stretto scendano a farlo di nuovo, chiedere scusa guardando qualcuno negli occhi, piangere senza paura di essere giudicato, desiderare senza che sia peccato, rivedere quel film che hai già visto trenta volte e continuare a non ricordare il nome di quell'attrice che però ti ha sempre fatto impazzire, metterti di fronte a tuo padre e dirgli che non è vero che hai paura di diventare come lui, che se fossi diverso, diverso da lui, il mondo sarebbe davvero un posto di merda, stringerlo forte, forte come non hai fatto mai, tenerlo così, ormai piccolo e stanco, sulla tua spalla, costringerlo a non aver paura di capire che hai capito tutto il suo silenzio, tutta la sua maledetta fatica, dirgli che nell'essere trasparenti, corretti, fedeli, onesti, non c'è niente di male, dirgli che andrà tutto bene e fargli vedere che tutto sta andando bene davvero, telefonare a quell'insegnante che ti lesse la prima volta, commossa, e con gli occhi bagnati e sorridendo ti disse che tu eri tu e niente altro di simile al mondo c'era o ci sarebbe più stato e di continuare, sperare che non sia morta, fare in tempo a dirle grazie, che senza quei pochi minuti forse ti saresti già fermato da un pezzo, ridere senza pentirti, dormire ma non sentirti in colpa, fumare ma non riprendere il vizio, aiutare e chiedere aiuto, concederti la libertà di abusare delle virgole e fottertene di chi ti ha sempre detto che ogni tanto bisogna metterci un punto. Adesso è il momento in cui puoi ricordare come sarai e cambiare il corso degli eventi affinché tu sia quello che hai sempre desiderato di essere.

giovedì 9 ottobre 2014

Perugia: io ci sono stato, io ci tornerò.


Per chi non lo sapesse, dal lontano 1985 l'Unione Europea designa una Capitale europea della cultura che per un anno, ogni anno, può far sfoggio agli occhi del continente delle sue bellezze e del suo sviluppo culturale. Nel 2019 toccherà all'Italia e alla Bulgaria, che rispettivamente dovranno scegliere la propria perla. Una delle città italiane candidate a questo ambito momento di attenzione è Perugia. Sono stato ospite della città umbra durante lo scorso week-end. Lo riconosci subito un posto a misura d'uomo, poiché ti accoglie ma non ti stringe, ti attrae ma non ti plagia, ti lascia andare ma non senza metterti addosso il desiderio di tornare. I panni del turista non mi si addicono, non fosse altro perché da molti anni vesto comodamente quelli strettissimi della camicia di forza. Non ho preso appunti. Non ne ho presi usando carta, penna o tablet. Ho fatto quello che forse mi viene meglio, ho camminato nei posti che hanno un nome preciso da secoli e me lo sono dimenticato. Ho camminato il meraviglioso centro storico della città, scalato campanili e torri. Sono entrato nel ventre del centro storico, ho respirato l'aria a tratti "esoterica" della incredibile Rocca Paolina. Ho parlato con un popolo che ha fatto della rabbia contro i soprusi e della forza contro le oppressioni un comandamento imprescindibile. Ecco, probabilmente senza capo né coda, alcuni degli scorci che ho visto e le parole che mi hanno fatto venire in mente e che non ho potuto fare a meno di scrivere di getto, senza pensarci due volte, senza tornare a correggere.


Great expectations.



Progetti per il presente. Aspettare di meno. Comprare un quotidiano di carta. Tornare a bere caffè e riuscire a non abusarne. Rimettersi in pari col sonno. Sognare di più. Anche senza aspettare che faccia buio. Guarda su Instagram.



I sogni più belli hanno sempre tutta la vita davanti. Guarda su Instagram.



La cultura muove la gente. Persino quando resta immobile. Guarda su Instagram.


Il più bell'elemento della grammatica resta il punto di vista. Guarda su Instagram.



Quando sei stanco, fermati. Quando non ricordi perché stai viaggiando, continua. Quando trovi un buon motivo per accompagnarti a qualcuno, dormigli accanto. Guarda su Instagram.


Dove l'acqua ha fatto il suo corso, resta la sete. Guarda su Instagram.




L'uomo che sogna non conosce la gravità, non teme la luce del giorno, non ha paura del buio, convive coi "se" e sorride dei "ma". L'uomo che sogna vive sui tetti del mondo e quando ama non riesce a tenere i piedi per terra. Guarda su Instagram.



Il profumo che non sentivi da mai. Il sapore che volevi da sempre. Il collo perfetto per la forma delle tue labbra. Il tempo che serve ad attraversare a piedi una città che non conosci. La sorpresa. Gli occhi. Il ritorno. La forma delle mani. Il cielo che non è buio, eppure la luce sembra aver messo l'abito buono, quello delle sere importanti. Il freddo che tanto basta incrociare le braccia e ti sembra che passi. Il vento che ti solleva da terra. Le canzoni che non sai le parole ma le canti lo stesso. Le cose che scrivi anche se a rileggerle suonano male. Le virgole nervose che non sanno mai dove mettersi per far bella figura. Le domande idiote, le risposte stupide, le cose sbagliate che non cambieresti per niente al mondo. Il mondo, la colpa che è sempre degli altri, le scuse pronte, il coraggio fuori luogo, la terra sotto alle scarpe quando è appena piovuto. Poi ti alzi, chiudi meglio la finestra e torni a dormire. Guarda su Instagram.

Il bello dei luoghi che esistono da migliaia di anni è che non hanno fretta. 






martedì 23 settembre 2014

Tranne me


Io sono il pugno nello stomaco, la trave nell'occhio, l'ago nel pagliaio, l'altra guancia quando tuo malgrado ti battono, lo zoppo con cui ti attardi, il cieco che ama, colui che restando solo fa danni per tre. Sono il peggio che se ne frega dei limiti, la terribile goccia alla vista della quale trema persino la roccia, il male che finge di non venire per nuocere, la notte che porta dubbi e si tiene i consigli, il portone che s'apre quando una porta s'è chiusa, il posto delle fragole ma non è ancora il tempo e l'unica cosa che puoi raccoglierci sono graffi per le mani e stanchezza per le gambe. Sono il sordo che vorrebbe sentire, l'amore che ci vede benissimo ma finge di essere cieco, il male minore, il fine che giustifica i mezzi, la spugna che appena la getti vorresti venisse di nuovo a bagnarti la fronte e le labbra. Sono tutte le cose del mondo, tranne me.

lunedì 22 settembre 2014

Pazienza


Gli chiesero: "Cosa vuoi fare da grande?". Guardò circospetto gli amici che fremevano per la voglia di andare a sfidare gli ultimi cavalloni della stagione, si aggiustò i capelli con una mano, come per dire al vento che non gli importava di essere spettinato e sorridendo un poco per la sua stessa audacia, rispose: "Da grande voglio avere pazienza, voglio saper aspettare, da grande voglio essere il mare".

venerdì 19 settembre 2014

Non serve




Tu sei la donna che a sera scende a valle
e accende la brace su cui posso aprire le mani
e porta l'acqua in cui posso immergere gli occhi
e porge la spalla che toglie la sete alle labbra
e parla la lingua del mare
Tu sei la donna che vive un passo più avanti
quella che odora di futuro
che ha il sapore proibito delle immersioni sotto alle lenzuola
Tu sei le parole di tutta una vita
e i fogli e l'inchiostro


mercoledì 17 settembre 2014

Ecco come


Ecco come funziona. Arriva qualcuno che non sapevi esistesse. Ti guarda, lo guardi. Ti sorride, gli sorridi. Ti sfiora, non ti sposti. Ti parla, gli sorridi di nuovo. Ti chiede, rispondi come non hai fatto mai. Ti prende, gli cedi. Lo ami, sparisce.


mercoledì 27 agosto 2014

Soltanto per sempre


Il dubbio, la necessità, le distanze, il caso, le mancanze, gli errori, le fughe, i viaggi, la paura, le notti, il respiro pesante, gli occhi spalancati, i soffitti silenziosi, le braccia conserte, l'equilibrio, le parole difficili, le scemenze dei finti maturi, le chiacchiere inutili al bar, l'estate e i superalcolici, gli zuccheri in eccesso, i capelli che non ci hai messo dentro abbastanza le mani, le mani che non hanno mai stretto davvero le tue. Il bisogno crudo di essere indispensabili, quello cattivo di avvicinarsi a un solo centimetro dalla bocca di qualcuno e sentirne vibrare il corpo fino alla resa. La felicità, che nemmeno so bene che cazzo significa.


domenica 10 agosto 2014

Le cose semplici



Le cose semplici, mi mancano le cose semplici. Mi mancano le cose che puoi stringere, quelle che puoi avvicinarti, che puoi sentirne l'odore. Mi mancano le cose che puoi guardare quando dormono e se si svegliano lo vedono che il tuo stare lì, in silenzio, è solo incanto per il loro sonno, è solo veglia a guardia del loro riposo, desiderio della loro presenza muta. Mi mancano quelle cose che ti danno la mano e se non la trovano continuano a cercarla finché non l'hanno trovata e allora la stringono forte, fortissimo. Mi mancano le cose che ti ci appoggi, quelle che fai le spalle larghe per farle appoggiare. Mi mancano le cose che ti fanno scordare la solitudine, la sofferenza, il dolore, la paura, le ansie, la fretta, la fatica e le amarezze che ti piombano in gola nel bel mezzo di certe giornate. Mi mancano le cose convesse, quelle che hanno spazio e pazienza per accogliere le attenzioni come si deve.

venerdì 18 luglio 2014

Le strade


Sono sempre bellissime le strade quando, senza fare domande, si lasciano percorrere con l'aria di chi sa bene che per provare a star meglio non avresti potuto fare altro che guidare. Dei lunghi viaggi mi piace la sensazione strana che provo a metà strada tra il posto dove non voglio tornare e quello dove non ho il coraggio di restare. Mi piace che, tutto intorno, anche le cose bellissime passano veloci senza darti il tempo di affezionarti e soffrire quando scompaiono al di là del parabrezza. Così dovrebbe essere anche l'amore, un viaggio che puoi cominciare e finire senza il dolore del non poterlo rifare uguale ogni volta che vuoi.

giovedì 10 luglio 2014

Per sempre mai

Un appiglio — gli dicevano da bambino — quando sei in difficoltà guarda in giro e tieni sempre d'occhio un appiglio sicuro. Così invece che coraggioso e forte, crebbe guardingo e prudente. Non che evitasse i pericoli, tutt'altro. C'era quella ragazzetta mora con gli occhi che sembravano parlare una bruna lingua del sud, quella coi capelli troppo spesso raccolti, che quando invece erano liberi intorno al collo e sopra le spalle gli facevano sentire una specie di felicità subito sotto allo stomaco. Da quel suo sorriso sempre pronto eppure spesso misterioso gli dissero di difendersi. Ma come quelle particolari pietre nel bosco, quelle che non tutti sanno trovare, quelle che quando si passano accanto l'un l'altra troppo spesso e troppo vicino non possono fare a meno di appiccare un fuoco, così due corpi mossi da anime inquiete non possono incontrarsi per strada tutta una vita senza prendere a bruciare di desiderio. Lui allora non trovando appiglio alcuno al di fuori delle mani di lei, si scordò delle raccomandazioni che da bambino lo accompagnarono fino all'età adulta e senza pensarci troppo per una volta, una mattina la fermò. Restìa come chi non aspettasse altro da tempo, lei lo seguì sopra una grossa pietra lontana dallo sguardo degli altri. Guardingo e prudente com'era, lui la baciò e per non aver voluto a tutti i costi tenere a portata di gambe una via di fuga, se ne innamorò per sempre. Di una cosa era orgoglioso: nonostante tutto, continuava a riflettere solo dopo aver agito, ché per esser freddo avrebbe avuto a disposizione un tempo infinito.


domenica 29 giugno 2014

Sogno zodiacale


Non sono mai riuscito a scindere persone e luoghi. Raramente ho smesso di amare. Non ho mai imparato a nuotare, né a essere completamente onesto e non per questo sono mai stato capace di diventare il farabutto che avrei voluto. Non ho dato ascolto ai buoni consigli, né mi sono perso dietro ai cattivi esempi. Non sono mai andato a messa dopo la prima comunione. Non ho mai saputo negare l'esistenza di Dio, ma nemmeno ho trovato conforto nella preghiera. Non ho detto sempre la verità eppure non sono mai diventato bravo con le bugie come mi piace far credere. Non ho mai dovuto mettere due dita in gola per vomitare. Non sono mai stato capace di bere più di tre bicchieri di vino senza dover correre in bagno a provare sollievo con le ginocchia sul pavimento. Non ho realizzato nessuno dei miei sogni più belli ma non ho mai neanche pensato di smettere di sognarli, tutti quei sogni. Ho amato solo due volte. Ho avuto paura e ne ho ancora, anche adesso che sono diventato grande e non temo più il buio. Ho dovuto fare tutto da solo, poiché non basta avere una famiglia fintamente perfetta per imparare come sopravvivere senza farsi del male, senza farne agli altri. Non ho reagito tutte le volte che avrei voluto, ho finto che mi andasse bene esser preso in giro, sono rimasto in silenzio quando avrei potuto ferire con la lingua e immobile quando avrei voluto uccidere con le mani. Non sono mai stato abbastanza orgoglioso della malinconia, né qualcuno ha mai saputo convincermi che si potesse davvero vivere al meglio senza provarne un poco ogni tanto. Sono andato a scuola solo fino alle superiori. Ho superato brillantemente la maturità e ancora oggi, di tanto in tanto, sogno di avere il primo scritto l'indomani mattina e poi ancora l'orale e la commissione è molto cattiva, ma prima o poi ne uscirò e quel maledetto esame lo supererò una volta per tutte. Sono del segno zodiacale sbagliato, poiché un vero Toro non avrebbe la mia paura del sangue. Quando cado mi piace restarmene a terra prima di rialzarmi solo quando rischio di rimanerci per sempre. Mi lavo spesso le mani. Dormo molto o molto poco. Ho smesso di bere caffè per 10 mesi e prima ne prendevo 8 al giorno. Scelgo lo zucchero di canna. Uso solo mezza bustina ma poi è sempre troppo amaro. Mi piace stare fermo mentre le cose mi passano accanto, salvo poi pentirmi per non essermi accorto che qualcosa dovevo fare in modo di fermarla. O almeno di correrle dietro. È meglio prevenire tenendo la bocca chiusa che curare un'indigestione di farfalle. Ti illudono sempre che puoi avere tutto quello che vuoi e che basta volerlo. Ti piantano in testa quelle idee del cazzo, tipo che il sacrificio paga sempre e che non devi fermarti di fronte a niente, salvo poi assumere un esperto anche solo per scegliere il giusto numero di veli della carta igienica. Vorrei beccare per strada il tizio che per primo si è inventato i corsi di scrittura creativa, mi piacerebbe trascinarlo in un vicolo buio e costringerlo con la forza a confessare che aveva solo bisogno di soldi e non sapeva come procurarseli diversamente. Io sono stufo della coerenza. Sono stufo della coerenza degli altri, poiché dal canto mio non mi sembra di averne mai avuta. Chissà come sarebbe la vita se non fossi così stronzo. Amen.


domenica 15 giugno 2014

A giugno inoltrato


a giugno inoltrato è sempre notte
è notte e fa sempre un gran caldo a giugno inoltrato
a giugno inoltrato fa un gran caldo e solo la notte viene a trovarci
dalle finestre spavaldamente aperte arriva a cercar posto sul cuscino bagnato
persino l'odore acre dell'erba secca che il contadino ha bruciato
il pericolo è un mestiere senza paura dove alla terra è affidato il compito del cibo
e del vestiario
e delle monete grame per la bevuta della domenica
è sempre giugno persino ad agosto
e l'erba brucia tutta l'estate
come se nascesse già secca
di nuovo
ogni volta


domenica 1 giugno 2014

A far tardi son buoni tutti



Mi piace la mattina presto. Presto che ancora nessuno sano di mente ha aperto gli occhi, negandosi un riposo che è anche un lusso raro. Mi piace che fuori non c'è rumore, così posso sentire più forte il rumore dentro. Così posso capire cos'è che si è rotto e non ho mai sistemato a dovere. Mi piace che se esco in bicicletta posso anche non fermarmi ai semafori, posso gridare, cantare, piangere persino, se mi va. Piangere se sapessi ancora come si fa. Mi piace la mattina presto più della notte fonda, poiché a far tardi son buoni tutti, ma ad alzarsi presto ci vuole coraggio. Ci vuole coraggio per andare incontro a un altro giorno tenendo ben nascosta la paura, sorridendo per finta, camminando col passo sicuro che hai visto nei film così tante volte da saperlo ormai imitare alla perfezione. Mi piace la mattina presto perché con tutto quel tempo a disposizione ti sembra davvero di poter fare tutte le cose che vuoi fare da un pezzo e poi non fai mai. Sarebbe bellissimo se per un giorno intero restassero tutti a dormire.

lunedì 19 maggio 2014

Il riposo dei giusti

Così in alto, dove nessun altro potrebbe concedersi il lusso di riposare, è là che sostano gli uccelli, dove la libertà è a portata di ali. Con la testa sulle tue gambe, le disse, nemmeno io ho paura di riposare, e si addormentò. Avevano passeggiato per ore, sempre cercandosi con lo sguardo, come se avessero paura a un certo punto di non riconoscersi più. Si erano tenuti la mano fino a sentire il sudore sancire sui loro palmi l'arrivo della bella stagione. Si erano negati molte cose, avevano sprecato tante parole, tante promesse. Lei lo baciò sulla fronte, poi rossa in viso si spostò sulle labbra con le sue, lui ne riconobbe il sapore, l'odore, la morbidezza, la forma regolare. Si svegliò sorridendo di quanto grande fosse la felicità che gli dava sentirla sua, sua fino in fondo, sua col corpo, con le dita nervose, con la lingua impudente, coi pensieri nudi, coi dubbi finalmente chiusi in fondo a un cassetto e i sogni sul letto. Se ne tornarono insieme lungo la strada che passava dal centro e in quella folla che ciarlava di cose vuote, che scoppiava in risate rumorose e senza motivo, si sentirono un poco l'uno dell'altra. È così che dovrebbe essere sempre, pensarono entrambi senza dire una parola. È così che dovrebbe essere sempre. Ciascuno smettendo di sognare, ripresero a camminare seri, destinati apparentemente a posti lontani tra loro e dimenticandosi persino il proprio nome.

sabato 3 maggio 2014

Non sei tu, sogno io.


Sognavo grandi scaffali in legno scuro, di poterci mettere sopra i miei libri finalmente ordinati, di poter leggere quelli che ho comprato negli anni e di comprarne ancora perché quegli stessi scaffali non fossero sufficienti. Sognavo di poter lasciare le chiavi all'ingresso rientrando alle due del mattino e di dormire nudo come nei film, entrando quasi privo di conoscenza nelle lenzuola color nocciola, sempre pulite come appena cambiate. Sognavo di poter bere senza perdere conoscenza e di riderne senza dover lasciare in strada lo stomaco a pezzi. Sognavo di fare scelte giuste e che le avrei raccontate con orgoglio. Sognavo di mettere in pratica l'adagio secondo il quale tutto è possibile poiché basta volerlo. Sognavo di poter dimostrare che il destino è davvero l'insieme degli errori che uno riesce a evitare. Sognavo un mucchio di cose che faccio persino fatica a tenere a mente, una casa in campagna e una in città, un telefono col tasto che lo schiacci e puoi dire alla tua segretaria di non prendere chiamate per le tre ore successive, un cane in giardino che scodinzola come un forsennato quando rientri che c'è ancora il sole e spera lo porti a fare i suoi bisogni al parco. Sognavo pure il parco, con gli alberi secolari che a sedertici sotto hai paura che possa crollarti addosso la storia che non hai mai neanche studiato a dovere. Una strada diversa ogni mattina, un albergo nuovo a settimana, una vista dalla finestra mai uguale a quella della notte precedente, una tazza di caffè all'americana che quando lo guardi in TV ti vien voglia ma se lo assaggi fa schifo. Una cucina a vista, l'angolo bar, chiedere agli amici cosa vogliono da bere, mettere nei bicchieri il ghiaccio con le dita, aggiungere l'acqua tonica, infilare sotto ai bicchieri un tovagliolo colorato e guardarli mentre pensano che sei un ospite perfetto. Sognavo che avrei fatto l'alba scrivendo cose che sarebbe valsa la pena leggere, guardando oltre l'enorme porta scorrevole in vetro a dividere la mia insonnia dal rumore del mare. Sognavo persino di soffrire d'insonnia e che con tutto quel tempo e quella calma avrei potuto finalmente fare quel che non ho mai avuto il tempo di fare. Sognavo di non stancarmi mai, di trovare sempre la forza per restare in piedi, per andare a correre col buio, quando tutti ti dicono di non andarci ché è il momento peggiore e gli alberi e le piante ti tolgono ossigeno e che farai più fatica ma te ne freghi, e come un bambino cattivo a cui hanno detto troppo spesso di non fare una cosa, tu la fai, e corri, corri fortissimo finché le articolazioni ti ricordano che immortale non sei affatto e il fiato non ti basta e i muscoli delle gambe ti fanno male come se qualcuno ci stesse infilando dentro coltelli appena tirati fuori dal congelatore. Sognavo di riprendere a fumare e finalmente riuscire a controllare il vizio, di accendere una sigaretta ogni tanto, con la giusta compagnia, con la giusta solitudine, guardando l'orizzonte alla finestra o i vicini nella casa di fronte che fanno le loro cose e sono felici senza capire quanto può essere irritante per gli altri intorno, che hanno tentato mille volte di descriverla la felicità, di darle un altro nome, una forma, un colore. Sognavo di parlare alla gente e avere davvero qualcosa di importante da dire. Sognavo tutte queste cose quando mi sono svegliato e da quel momento addormentandomi ogni volta più stanco non ho sognato più. 

martedì 4 febbraio 2014

Io di te


Io di te
quando parlo con te
quando sono con te
quando mi addormento con te
quando con te mi sveglio
quando non ti vedo per giorni ma so che ci sei
non ho mai paura


Come quando fuori poi.


Come quando fuori il profilo delle cose viaggia veloce e lo guardi con la coda dell'occhio. Come nei viaggi che hai voluto fare a ogni costo, come quelli che all'ultimo momento avresti voluto annullare, come quelli che poi hai fatto lo stesso, come quelli che ti hanno portato dove c'era tutto quello che ti serviva per rimetterti in piedi, per tornare in vita. Come tutte le volte in cui hai scordato quanto è costato non dire quel che pensavi, non pensare quel che avresti voluto, non volere quello a cui ti sembrava di non poter rinunciare. Come quando vuoi dire basta e continui, come quando credi che continuare sia la cosa migliore e smetti, come quando smetti e te ne penti dopo un minuto. Come quando fuori poi non cambia niente ma dentro è una una rivoluzione violenta, continua, terribile, necessaria, asfissiante, a tratti persino rigenerante. Come quando ti sembra sia tutto a posto ma l'unica cosa che sarebbe il caso fosse a posto e non lo è, sei tu. Come quando ti giri a sinistra e c'è qualcuno che da un momento all'altro sparirà. Ma non per sempre.