domenica 19 ottobre 2014

Le cose che non ho fatto e che forse non farò mai.



Confessarmi dopo la prima comunione, andare dal sacerdote e nel silenzio della chiesa deserta al venerdì pomeriggio dirgli sottovoce di tutte le volte che ho odiato, di quelle in cui ho mentito, di quando ho riso per il dolore di qualcuno, della vendetta che ho desiderato più della donna d'altri, del rancore che covo qui dentro da troppo, della violenza che ha allietato certi miei sogni a occhi aperti, del bisogno di rivalsa che ho provato per chi mi ha sopraffatto, di quella volta che ho rubato un pezzo di cioccolato, da bambino, e poi non ho dormito per tutta la notte. Partire senza deciderlo, prendere i documenti, una borsa con dentro il cambio di una notte e andare in macchina al più vicino aeroporto, lasciarla in sosta fino al ritorno, avvicinarmi al banco informazioni e chiedere qual è il primo volo, e per dove. Guidare un'auto di grossa cilindrata attraversando l'Italia da parte a parte. Possedere una moto. Prendere un cane. Dar da mangiare ai gatti randagi. Uscire nel cuore della notte e andare a bere da solo, come nei film. Riflettere prima di chiedere scusa e non farlo se non è davvero necessario. Far sesso con qualcuno che non ho amato profondamente. Scordare le persone con cui sono stato felice, rivedere con piacere quelle a cui ho volontariamente rinunciato senza per questo sentirne ancora una mancanza che nessuno sano di mente potrebbe giustificare. Dormire finché non è pomeriggio. Pregare senza sentirmi ridicolo. Aprire un libro e trovarci dentro il mio nome, stampato. Stampato grande all'inizio e anche sopra la copertina. Andare al cinema una volta a settimana per tutto l'inverno. Prendere da bere dopo il lavoro fino a star male e tornare a casa in Metro e stupirmi l'indomani di essere entrato nell'appartamento giusto. Possedere un divano, una casa, delle sedie comode che non abbiano il fondo di legno, un garage con l'apertura automatica telecomandata che quando fuori è freddo non devo scendere dall'auto. Tornare a casa dopo essere stato lontano per mesi. Camminare scalzo sopra il parquet. Svegliarmi e per una volta non desiderare di essere altrove. Ricordarmi di quando ero ragazzo e non pentirmi per tutto quello che non ho fatto. Aspettare Natale e salendo a salutare mio padre, mettergli in mano le chiavi di una piccola berlina bianca e dirgli che il suo regalo è parcheggiato di sotto, che non deve più preoccuparsi di niente. Ordinare una pizza a domicilio e lasciare al ragazzo cinque dollari di mancia. Già, ordinare una pizza a domicilio a New York. Tornare a Tokyo e visitare finalmente il mercato del pesce alle quatto del mattino. Dire ti amo senza dovermi pentire. Fare l'amore almeno una volta al giorno. Attraversare la strada senza guardare prima a destra e poi a sinistra. Mangiare solo quando ho fame. Desiderare ogni volta che posso. Scegliere senza rimandare. Rimandare senza sentirmi in colpa. Essere quello che sono e non doverlo spiegare.

sabato 11 ottobre 2014

Virgola e a capo


Tutte le cose che non hai fatto restano appena sotto il pelo dell'acqua. Non affondano mai, tutte le cose che non hai detto. Tutte le parole che avresti voluto ma non hai usato, non pesano niente e per ritrovarle non serve trattenere il respiro, semplicemente basta camminare a riva, tendere una mano verso la sabbia, subito sotto l'acqua salata, e ritrovarle tutte, le cose che non hai fatto, detto, scritto. E non è vero che c'è sempre tempo. Non è vero che tanto poi dopo puoi rimediare a tutto. Non è vero che oggi o domani non cambia niente. Non è vero che i treni passano una volta soltanto, ma nemmeno che il biglietto stretto nella tasca dei pantaloni dura per sempre. Li preferivo, i viaggi, quando dentro a quel pezzo di carta dovevi farci un buco, un foro per dire a te stesso, guardandolo, che era quello il momento di salire e che dopo, tutto intorno a quel buco, nulla si sarebbe più mosso nella direzione per cui avevi pagato. Tutte le cose che avresti voluto restano ferme per strada, tormentate dal vento, dai cani randagi durante la notte, dalla pioggia ad agosto e dal sole a dicembre, dagli sguardi indiscreti nascosti dietro alle tende dopo l'ora di cena, con la luce spenta che vedi fuori ma da fuori non ti si vede. Ritornare a pagina cinquanta del libro più bello che hai letto e recitarlo ad alta voce, mettere in moto alle due del mattino e andare ad aspettare che le braccia più belle che ti abbiano mai stretto scendano a farlo di nuovo, chiedere scusa guardando qualcuno negli occhi, piangere senza paura di essere giudicato, desiderare senza che sia peccato, rivedere quel film che hai già visto trenta volte e continuare a non ricordare il nome di quell'attrice che però ti ha sempre fatto impazzire, metterti di fronte a tuo padre e dirgli che non è vero che hai paura di diventare come lui, che se fossi diverso, diverso da lui, il mondo sarebbe davvero un posto di merda, stringerlo forte, forte come non hai fatto mai, tenerlo così, ormai piccolo e stanco, sulla tua spalla, costringerlo a non aver paura di capire che hai capito tutto il suo silenzio, tutta la sua maledetta fatica, dirgli che nell'essere trasparenti, corretti, fedeli, onesti, non c'è niente di male, dirgli che andrà tutto bene e fargli vedere che tutto sta andando bene davvero, telefonare a quell'insegnante che ti lesse la prima volta, commossa, e con gli occhi bagnati e sorridendo ti disse che tu eri tu e niente altro di simile al mondo c'era o ci sarebbe più stato e di continuare, sperare che non sia morta, fare in tempo a dirle grazie, che senza quei pochi minuti forse ti saresti già fermato da un pezzo, ridere senza pentirti, dormire ma non sentirti in colpa, fumare ma non riprendere il vizio, aiutare e chiedere aiuto, concederti la libertà di abusare delle virgole e fottertene di chi ti ha sempre detto che ogni tanto bisogna metterci un punto. Adesso è il momento in cui puoi ricordare come sarai e cambiare il corso degli eventi affinché tu sia quello che hai sempre desiderato di essere.

giovedì 9 ottobre 2014

Perugia: io ci sono stato, io ci tornerò.


Per chi non lo sapesse, dal lontano 1985 l'Unione Europea designa una Capitale europea della cultura che per un anno, ogni anno, può far sfoggio agli occhi del continente delle sue bellezze e del suo sviluppo culturale. Nel 2019 toccherà all'Italia e alla Bulgaria, che rispettivamente dovranno scegliere la propria perla. Una delle città italiane candidate a questo ambito momento di attenzione è Perugia. Sono stato ospite della città umbra durante lo scorso week-end. Lo riconosci subito un posto a misura d'uomo, poiché ti accoglie ma non ti stringe, ti attrae ma non ti plagia, ti lascia andare ma non senza metterti addosso il desiderio di tornare. I panni del turista non mi si addicono, non fosse altro perché da molti anni vesto comodamente quelli strettissimi della camicia di forza. Non ho preso appunti. Non ne ho presi usando carta, penna o tablet. Ho fatto quello che forse mi viene meglio, ho camminato nei posti che hanno un nome preciso da secoli e me lo sono dimenticato. Ho camminato il meraviglioso centro storico della città, scalato campanili e torri. Sono entrato nel ventre del centro storico, ho respirato l'aria a tratti "esoterica" della incredibile Rocca Paolina. Ho parlato con un popolo che ha fatto della rabbia contro i soprusi e della forza contro le oppressioni un comandamento imprescindibile. Ecco, probabilmente senza capo né coda, alcuni degli scorci che ho visto e le parole che mi hanno fatto venire in mente e che non ho potuto fare a meno di scrivere di getto, senza pensarci due volte, senza tornare a correggere.


Great expectations.



Progetti per il presente. Aspettare di meno. Comprare un quotidiano di carta. Tornare a bere caffè e riuscire a non abusarne. Rimettersi in pari col sonno. Sognare di più. Anche senza aspettare che faccia buio. Guarda su Instagram.



I sogni più belli hanno sempre tutta la vita davanti. Guarda su Instagram.



La cultura muove la gente. Persino quando resta immobile. Guarda su Instagram.


Il più bell'elemento della grammatica resta il punto di vista. Guarda su Instagram.



Quando sei stanco, fermati. Quando non ricordi perché stai viaggiando, continua. Quando trovi un buon motivo per accompagnarti a qualcuno, dormigli accanto. Guarda su Instagram.


Dove l'acqua ha fatto il suo corso, resta la sete. Guarda su Instagram.




L'uomo che sogna non conosce la gravità, non teme la luce del giorno, non ha paura del buio, convive coi "se" e sorride dei "ma". L'uomo che sogna vive sui tetti del mondo e quando ama non riesce a tenere i piedi per terra. Guarda su Instagram.



Il profumo che non sentivi da mai. Il sapore che volevi da sempre. Il collo perfetto per la forma delle tue labbra. Il tempo che serve ad attraversare a piedi una città che non conosci. La sorpresa. Gli occhi. Il ritorno. La forma delle mani. Il cielo che non è buio, eppure la luce sembra aver messo l'abito buono, quello delle sere importanti. Il freddo che tanto basta incrociare le braccia e ti sembra che passi. Il vento che ti solleva da terra. Le canzoni che non sai le parole ma le canti lo stesso. Le cose che scrivi anche se a rileggerle suonano male. Le virgole nervose che non sanno mai dove mettersi per far bella figura. Le domande idiote, le risposte stupide, le cose sbagliate che non cambieresti per niente al mondo. Il mondo, la colpa che è sempre degli altri, le scuse pronte, il coraggio fuori luogo, la terra sotto alle scarpe quando è appena piovuto. Poi ti alzi, chiudi meglio la finestra e torni a dormire. Guarda su Instagram.

Il bello dei luoghi che esistono da migliaia di anni è che non hanno fretta.