sabato 24 gennaio 2015

Tanto tuonò


Io non crollerò. Colpitemi quanto vi pare. Se avessi dovuto crepare, sarebbe già successo. Io non mollerò nemmeno quando ciascuno di voi avrà riversato fino all'ultimo grammo della propria energia in calci senza sosta sulle mie caviglie già malandate. Io un muro lo troverò, una parete a cui appoggiare il palmo della mano, fidatevi, saprò raggiungerla sempre. Finché i muscoli attorno al collo non s'irrigidiranno in un moto di protesta — a questo punto incontrollabile — che attendo si sollevi  già da anni, non smetterò di spostare gli zigomi affinché i vostri pugni colpiscano il vuoto. Io pancia a terra non mi ci butterò e nemmeno muoverò le mani perché attutiscano la pesantezza delle vostre legnate. Io non mi arrenderò nemmeno se mi mancherà il fiato, se il cuore mi sfonderà il petto spingendo da dentro, se per cena scaverò nei rifiuti e a colazione succhierò una caramella trovata per strada. Ve lo potete sognare di mandarmi al tappeto, nessun arbitro — dall'alto del suo cravattino borioso — batterà il pugno accanto ai miei occhi chiusi, pensando di salvarmi la vita arrivando il più presto possibile a dieci. Mi dovrete smembrare, e persino allora sarò duro a dissolvermi dentro alla terra. Io vi schianterò tutti, uno per uno, vi aspetterò come una trave di legno nel buio, come uno spigolo che non sapevate ci fosse. Queste cose avrebbe voluto dire, ma si piegò sulle ginocchia e cadde in terra.

sabato 17 gennaio 2015

Tutto e dubito

Ridatemi indietro tutto quello che vi ho dato. Io non lo sapevo che avrei potuto anche dire di no. Ridatemi l'infanzia, il sangue sulle ginocchia, la polvere sotto alle unghie, la merenda al gusto di tasca dei pantaloni, le scale scese due a due, le ramanzine al ritorno a casa dopo il tramonto, i libri di scuola stropicciati e non sempre perfettamente in ordine come se non li avesse mai usati nessuno. Ridatemi la bronchite che non ho avuto a sei anni, il sudore sotto la tuta per l'intero pomeriggio passato a giocare a pallone, il bagno per forza, il sonno profondo, le sveglie all'alba per studiare quel tanto che bastava per non fare brutta figura. Ridatemi la prima sbornia, la prima Marlboro rossa, la gita delle medie e quella delle superiori. Rivoglio indietro tutte le maledette paure che ho fatto finta di non soffrire, me le dovete ridare tutte le mie cazzo di paure. E voglio pure tutte le lacrime che ho inghiottito per sembrare quello che non ero. Ridatemi tutto, tutto e subito o qui finisce male. Le canzoni che ho cantato, i passi che ho camminato, le volte che mi sono svegliato alle sei e mezza del mattino, quelle in cui sono tornato a casa dal lavoro poco prima della mezzanotte, la gentilezza e la buona educazione che mi erano state impartite, la difficoltà a dire bugie, le notti in discoteca, quelle in giro in macchina senza meta, i bagni a mezzanotte, i tuffi dal porto vecchio, di fianco al relitto di quella grossa nave bruciata molti anni prima. Ridatemi i no, i nemmeno per sogno, gli scordatelo, i fattelo tu, i non è un mio problema. Sono tante, troppe le cose che vi ho dato, e non mi muovo di qua finché non le avrò riavute tutte. La mia presenza sempre e comunque, le parole giuste al momento giusto, l'amicizia quando volevo fosse amore e l'amore quando mi sarebbe bastata un'amicizia, la pazienza, il non insistere, il capire sempre che non era il momento, l'aspettare il mio turno. Le mazzate che non ho dato e soprattutto tutte quelle che non ho preso. L'affetto incondizionato che vi ha tenuto in piedi quando nessuno prima ve ne aveva dato di così puro, forte, sincero, vivo. La passione che ha puntellato le vostre giornate noiose. La felicità che vi ho regalato e vi chiedevate perché lo facessi, se davvero la meritaste. E no che non la meritavate, non la meritavate per niente. Ridatemi le cose mie, le cose che da sole non tornano, ridatemele perché ne voglio fare un mucchio più alto di me e, quando sembrerà talmente grande da poter crollare con un soffio di vento, voglio darlo alle fiamme. La roba mia è mia e nessuno la deve più toccare. La brucio, così poi forse guarisco.

domenica 11 gennaio 2015

Più vicino



Sto facendo la cosa giusta. Sto facendo la cosa giusta nel modo più giusto. Sto aspettando senza rischiare, sto lavorando il doppio, sto tenendo duro, sto ridendo delle mie fortune e allontanando la necessità di lagnarmi. Sto lasciando che le cose facciano il loro corso e che, passandomi accanto, notino quanto impegno ci sto mettendo, quanto sono costante e serio, come mi applico quando voglio. Sto rimanendo in silenzio quando avrei voglia di parlare e parlando quando mi piacerebbe tenere chiusa la bocca. Sto scegliendo di non scegliere, sognando di sognare più spesso, tenendo a bada le braccia ogni volta che vorrebbero stringere e le mani quando avrebbero voglia di toccare. Sto facendo la cosa giusta. Sto facendo tutto nel migliore dei modi. È solo una questione di tempo. Tanto quello mica passa per sempre.