domenica 21 luglio 2013

Paura di non averne.


Non so chi sei, non so come sei fatta, che voce hai, come guardi chi ti guarda, qual è il tuo odore, come ti vesti, com'è sentirti in silenzio. Io non so chi sei, come cammini da una parte all'altra della strada, se cerchi le strisce, se aspetti il verde, se piangi spesso, mai, poco o troppo. Io non so chi sei, come rispondi alla voce che ami, se le tue mani diventano fredde, se la tua voce si rompe, se mangi tenendo le gambe incrociate sopra la sedia, se nella pasta ci metti molto sale o troppo poco, e se ti piace al dente o cotta fino a diventare immangiabile. Io non so se sai tenere un segreto. Soprattutto se il segreto sei tu. Io non ti conosco. E un'altra cosa, di te, non so: quanto pesa la tua testa appoggiata alla spalla di uno che te la offre volentieri, e se mentre l’appoggi e sai che non ti vede sorridi o sei pensierosa, o semplicemente chiudi gli occhi e respiri. Io non so chi sei, non ti conosco. Non so se ti piacciono le litanie, se ti accontenti, se vuoi quello che non puoi permetterti, se sai fare regno di un mucchio di parole, o parole vuote di un regno fatto solo di te, se passeggi mentre aspetti qualcuno in stazione o se resti seduta, se incroci le braccia o le lasci cadere lungo i fianchi, se i tacchi ti dolgono, se li togli senza motivo, se li metti perché a qualcuno piacciono, non so, come vedi, proprio niente di te. Io non so chi sei, dove arriva la tua fronte se ti si stringe tra le braccia, se sali sulle punte per cercare gli occhi di chi ti vuol bene, non ti conosco, io, non so chi sei, ma tu questo non lo puoi capire. Non so chi sei, quanto posso tenere alto lo sguardo sotto il tuo senza crollare, se l'acqua la bevi naturale, gassata, fredda, a temperatura ambiente, se alla bottiglia o per forza al bicchiere, se hai tre piccolissimi nei tra la spalla e il braccio e se come una costellazione lontana essi nemmeno si vedono. Non so niente di te, se nelle mattine di festa ami dormire finché non ti sveglia la fame, se i biscotti nel latte ce li lasci fino a farli diventare poltiglia. Non so nemmeno se mangi i biscotti e, pensa, nemmeno se bevi latte. Non so da quale lato del letto preferisci dormire, su quale spalla, se a faccia in giù, nascosta nel cuscino, o tenendo d'occhio il soffitto per la paura che cada, abituata come sei a vedere che ogni cosa non ti resiste. Non so niente di te, se ami l'ordine, se tieni i vestiti piegati, se porti con te una lista della spesa, ma so per uno scherzo del destino che ti piace raccogliere quelle degli altri. Non so se sai fare il nodo alla cravatta, se ti imbarazza cantare in presenza di altri, se apri subito la finestra quando ti alzi, se le tue risate riempiono la casa, quando e perché. Non so se tieni le chiavi sempre nella borsa, se porti l'orologio, se ti piacciono i dolci. Non so un bel niente. Di te. Io non ti conosco. Non so se prendi l’ascensore, per esempio, o se preferisci andare a piedi, se metti lo smalto — e questo lo so, ma lascia lo stesso che ne dubiti — se vai dal parrucchiere tutte le settimane, se al ristorante insisti per pagare la tua parte. Io non so niente di te e non ti conosco, ma se fossi uno sveglio, scaltro, razionale, concreto, furbo, intelligente, votato alla realizzazione personale, alle conquiste, alle soddisfazioni, avrei fatto di tutte le cose che non so, un motivo valido per non scrivere queste parole. Salvo pentirmene dopo un istante.